Perché la Roma ha esonerato José Mourinho, e perché continua a dividere l’opinione pubblica

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E così se n’è andato. Ancora una volta nella sua terza stagione. Ancora una volta, sotto una nube. Ancora una volta, con opinioni contrastanti.

La decisione della Roma di licenziare José Mourinho è stata presa dai proprietari del club, la famiglia Friedkin, nella tarda serata di lunedì e comunicata all’allenatore – e al mondo, che aveva acceso i riflettori sul club da quando lui era arrivato nel 2021 – prima dell’allenamento di martedì mattina.

Il suo contratto sarebbe scaduto a giugno e, sebbene avesse ripetutamente indicato che era felice di prolungarlo, il club aveva messo in stand-by ogni discussione fino alla fine della stagione. È il tipo di tempismo che fa venire il dubbio sul perché non potessero aspettare, e ti porta a concludere che ci deve essere stato un motivo per agire adesso.

Avevano ragione a farlo?

Per rispondere a questo, bisogna andare oltre la questione se Mourinho meritasse o meno il licenziamento o se abbia fatto un buon lavoro, e addentrarsi nella realtà in cui si trova la Roma in questo momento. E la realtà è che Mourinho non è stato esonerato perché aveva perso lo spogliatoio o perché i tifosi chiedevano la sua testa: mentre il sostegno nei suoi confronti si era raffreddato tra alcuni settori della tifoseria, specialmente sui social media e nelle onnipresenti stazioni radiofoniche sportive di Roma, i sostenitori presenti allo stadio continuavano chiaramente (e rumorosamente) a sostenerlo. Piuttosto, se n’è andato perché i Friedkin sono uomini d’affari e hanno preso una decisione commerciale.

Secondo Swiss Ramble, la Roma ha perso 184 milioni di euro nel 2020-21 e 219 milioni l’anno successivo, il primo di Mourinho al club. Le perdite record nel 2021-22, quando sono stati tra i club che hanno speso di più in Europa per i trasferimenti, hanno significato la violazione del Financial Fair Play UEFA e sono stati messi sotto un settlement agreement, che ha limitato la loro spesa.

Di fatto, il club aveva scommesso che investire pesantemente sulla rosa (inizialmente sui costi dei trasferimenti, in seguito su costosi veterani free agent, dando alla squadra il terzo monte ingaggi più alto della Serie A) e su Mourinho stesso (il secondo allenatore più pagato in Serie A) avrebbe garantito la qualificazione alla Champions League. Questo, a sua volta, avrebbe incrementato le entrate, sia in termini di premi che di accordi commerciali. Invece, hanno chiuso al sesto posto nelle sue prime due stagioni, vincendo la UEFA Europa Conference League nel 2021-22 e raggiungendo la finale di Europa League l’anno successivo.

Adesso la Roma è nona in Serie A, a cinque punti dal quarto posto. Sono fuori dalla Coppa Italia (perdendo il derby con la Lazio, cosa mai positiva) e hanno vinto solo una delle ultime cinque partite dal Natale, una rimonta contro la Cremonese di Serie B in Coppa Italia.

Per salvare la stagione, devono ottenere un posto in Champions League attraverso il campionato oppure vincere l’Europa League. Con il mercato delle scommesse sportive in Italia che attira sempre più appassionati, le possibilità che riescano in una delle due imprese non sembrano molto alte al momento. E i Friedkin lo sanno bene.

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